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Il Paese del cavallo di ritorno

di pinkstop 15 dicembre 2008

Furti d'auto: un'emergenza nazionale

Furti d'auto: un'emergenza nazionale

Cavallo di ritorno. E’ una pratica illegale talmente diffusa nel nostro Paese, specie al Sud, che merita una pagina particolare anche su Wikipedia. La definizione per comodità la cogliamo proprio da Wiki. Il cavallo di ritorno “prevede il pagamento di un riscatto da parte di chi ha subito un furto per riottenere la refurtiva”. Solitamente il cavallo di ritorno riguarda auto e moto. Vengono prelevate, spostate in luoghi appartati, in attesa che la vittima si faccia viva entro qualche giorno per richiederne la restituzione dietro pagamento. Se ciò non avviene, il mezzo rubato viene ripreso dal ladro, generalmente smontato e rivenduto a pezzi. In questo modo si evita innanzitutto che la refurtiva sia rintracciata “a casa” del malvivente e inoltre che il bene indebitamente sottratto venga successivamente rintracciato attraverso il numero di telaio o segni particolari.
Chi vive in luoghi dove il cavallo di ritorno è molto in voga spesso sa a quali referenti rivolgersi. Purtroppo.
E purtroppo talvolta è capitato che, in via assolutamente non ufficiale e amichevole, qualche membro delle forze dell’ordine a cui ci si rivolge per sporgere denuncia abbia concluso la discussione con la domanda: “Ha provato a vedere da Tizio?”.
In un’Italia dove ogni due minuti viene rubata un’automobile o una moto, combattere con maggiore decisione la pratica del cavallo di ritorno sarebbe un dovere dello Stato.
Invece, ritenendo forse i furti di questo genere di beni un male minore nel bel mezzo di un emergenza crimine nazionale, lo Stato affronta con scarsa decisione la questione. Peccato.
Perché il cosiddetto “cavallo di ritorno” è l’anticamera del pizzo. Pagare per avere subito un furto. Un non sense tipicamente italiano.

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